sabato 7 febbraio 2015

Il lungo esodo: il quadro storico




Rubano 6 febbraio: la sintesi storica di Maurizio Angelini







Affollato incontro a Rubano con Italia Giacca, Sergio Basalisco e Maurizio Angelini.  Piena la navata centrale dell'Auditorium, presenti molti esuli o loro figli a testimonianza di quanto il dramma di 70 anni fa sia stato e sia presente tra noi, spesso a nostra insaputa. 
A Maurizio Angelini va il merito di avere illustrato con pacatezza e ampia conoscenza delle fonti il quadro storico in cui si svolsero gli avvenimenti oggetto del confronto. 
Pubblichiamo oggi una sintesi del suo intervento. Nei giorni prossimi daremo conto degli interventi di Italia, di Sergio e del numeroso e attento pubblico.
Pubblicheremo, inoltre, un prezioso documento di sintesi prodotto dall'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, presieduta da Italia Giacca.

Ed ecco la sintesi di Angelini:
1) Innanzitutto una delimitazione  geografica del teatro degli avvenimenti: le città di Trieste e Gorizia, tutta l’Istria, Fiume e dintorni. Si tratta di territorio etnicamente assai composito: prima della Grande Guerra- grosso modo- metà Italiani e meta Sloveni e Croati. La divisione nazionale intreccia- naturalmente con tutte le eccezioni del caso- le divisioni e i contrasti sociali: città-campagna; borghesia-proletariato; proprietari terrieri-coloni. In linea di massima, con grandissima approssimazione, le classi economicamente, politicamente e culturalmente dominanti sono nazionalmente italiane; le classi dominate slovene e croate .
2) In una situazione così complessa l’approccio nazionalistico, che nega all’ altro dignità e autonomia, è di per sé foriero di odio, divisione e tensioni . Dal 1918 al 1943 il nazionalismo italiano è stato egemone e si fondava sulla falsa coscienza della superiorità latina ( e veneta) sulla barbarie slava. Un atteggiamento di tipo coloniale.
3) Il nazionalismo sloveno e croato è stato per tutto il periodo del fascismo un nazionalismo di difesa, di custodia delle tradizioni; alla caduta del fascismo è diventato un nazionalismo di rivalsa e di vendetta sociale e nazionale.
4) Durante il ventennio fascista le popolazioni slovene e croate incorporate nel Regno d’Italia con il Trattato di Rapallo ( circa 500.000 persone) hanno subito un trattamento che le ha discriminate, umiliate, perseguitate in quanto nazioni inferiori.  Sloveni e croati, rispetto a tutti gli altri cittadini italiani oppressi dalla dittatura fascista, subiscono un di più di oppressione ( e pagano, in proporzione, molto di più di tutti gli altri cittadini italiani, sia in termine di esodo che di carcerazione, confino, condanne a morte ecc. Vedi le statistiche del sistema giudiziario speciale). Anche sul piano dell’ opposizione al fascismo sloveni e croati “ italianizzati” danno proporzionalmente molto di più di quanto non abbiano dato gli altri cittadini italiani. Nell’ epoca del consenso diffuso al Fascismo  sloveni e croati fanno opposizione in modo assai radicalei ( ed è un loro grande merito).

5) A conferma del disprezzo profondo dell’Italia fascista nei confronti delle popolazioni slovene e croate- esteso nell’alleanza con la Germania nazista a tutti i popoli slavi- sta la partecipazione all’ invasione della Jugoslavia ( Aprile 1941) a fianco del Reich ( e anche dell’Ungheria e della Bulgaria). Il fascismo e una parte importante delle classi dominanti italiane- anche gruppi economici- considerano i Balcani come area di espansione e di conquista, da finalizzare alla fornitura di materie prime e di manodopera a buon mercato. Nell’ occupazione italiana della Jugoslavia ( 1941-43) moltissimi episodi di guerra contro i civili, stragi, distruzione di villaggi e di infrastrutture, deportazioni. 40.000 internati sloveni e croati in campi italiani che diventeranno anche campi di sterminio, soprattutto Gonars e Arbe.
6) Quanto premesso per confermare che la storia del dolore patito da italiani  a partire dal settembre 1943 ( foibe del settembre 1943 e del maggio 1945, deportazioni in Jugoslavia di alcune migliaia di italiani alla fine della guerra, esodo dell’80% della popolazione di lingua e cultura italiana dall’Istria e da Fiume fra il 1945 e il 1955 circa) ha la sua origine prima nella politica sciagurata dello Stato fascista in quelle zone.
7) Il movimento di liberazione jugoslavo è il più forte ed organizzato d’Europa, rappresenta un enorme ostacolo e impedimento militare al pieno dispiegamento e utilizzo delle forze armate del  Reich nazista e dei suoi alleati; è oggettivamente un grande alleato  di Gran Bretagna, URSS, USA nella lotta mortale contro il nazismo e dà un contributo decisivo alla vittoria della coalizione antinazista. Il giudizio non può però tacere che il movimento stesso è egemonizzato da una forza- il Partito Comunista Jugoslavo- che punta non solo alla liberazione nazionale ma anche alla presa del potere per via rivoluzionaria. L’egemonia dei comunisti sul movimento di liberazione fa si che, in Jugoslavia, lotta antifascista, lotta di liberazione nazionale e lotta per l’instaurazione della dittatura del proletariato si intreccino inscindibilmente. 
8) Il crollo dell’Italia fascista nel settembre 1943 in Istria e nei dintorni di Fiume è accompagnato da una insurrezione popolare che vede come protagoniste le masse contadine slovene e croate. Il liquefarsi della presenza dello Stato Italiano privo di qualsiasi sostegno militare comporta la presa del potere senza colpo ferire soprattutto nell’Istria interna da parte di insorti fra i quali i comunisti sono pochissimi e molto più numerosi sono i nazionalisti jugoslavi. Comunque si verificano molti episodi di giustizia sommaria  a carico di persone che hanno ricoperto ruoli piccoli e grandi di rappresentanza dello Stato e del regime. Trattandosi di giustizia sommaria sono molto numerosi gli episodi di eliminazione di persone poco o nulla responsabili, uccise più per quello che rappresentavano che per quello che avevano compiuto ( l’uccisione di Norma Cossetto). I morti sono fra i 400 e i 600. Fatte le doverose premesse circa la crudeltà e l’ingiustizia di molte soppressioni non ci sono molte differenze quali-quantitative fra ciò che è avvenuto nel settembre 1943 in Istria e nel fiumano e la liquidazione di decine di migliaia di collaborazionisti nell’ aprile- maggio del 1945 in Italia, Francia, Olanda, Belgio ecc.
9) In Istria e nel Quarnero Fiumano l’insurrezione di settembre 1943 è domata dalle truppe tedesche che si sostituiscono all’ esercito italiano liquefattosi e ai fascisti locali attraverso una pulizia che comporta l’uccisione di almeno 3500 persone, la metà delle quali civili. Molti dei morti italiani del settembre 1943 sono prigionieri che gli insorti uccidono prima che arrivino i tedeschi, anche per impedire rivelazioni e informazioni sul movimento insurrezionale.
10) Il Movimento di Liberazione jugoslavo- in tutte le sue componenti politiche, ferma restando l’egemonia comunista- dichiara fra settembre e ottobre del 1943 l’ annessione del  territorio  già annesso all’Italia nel 1918 ( tutto il Goriziano e l’Alta Valle dell’Isonzo, Trieste, tutta l’Istria e Fiume) alla Jugoslavia- nelle due future repubbliche federative della Slovenia e della Croazia. La linea del movimento jugoslavo non è quella dell’eliminazione, della cacciata, dell’umiliazione nazionale degli italiani ( anzi è quella dell’unità antifascista italo-slava) con un limite invalicabile: la appartenenza statuale di quelle terre alla futura Jugoslavia federativa. Chi non accetta questa soluzione è considerato automaticamente e inesorabilmente nemico del popolo e oggettivamente fascista.  Questo è il nodo di un dissidio che non troverà soluzione e che comporterà una partecipazione ridotta e subordinata degli Italiani alla guerra di Liberazione in quelle zone. Emblematica di questa drammatica divisione all’interno del campo antifascista  è la situazione di Trieste dove i partiti non comunisti del CLN non collaborerranno con gli antifascisti projugoslavia e, di converso, il PCI esce dal CLN triestino.
11) Con la fine delle ostilità la Jugoslavia, una delle potenze vincitrici che ha arrecato un grande contributo alla vittoria complessiva degli Alleati, decide di passare alla politica del fatto compiuto e di occupare con le sue truppe quanto più possibile del territorio nazionalmente misto e conteso: lo fa sia nel territorio che ci interessa, occupando fino a Monfalcone e a Gorizia, sia a nord, nella Carinzia, Koroska per gli Sloveni, dove appunto vive una sua minoranza . A Trieste, nel Goriziano, in Istria, a Fiume si ripetono episodi di giustizia sommaria, resi più spaventosi dallì’infoibamento dei cadaveri ( certamente parecchie centinaia di persone vengono eliminate e gettate nelle voragini carsiche): ma assai di più ( parecchie migliaia) sono le persone arrestate e deportate nei campi di concentramento, soprattutto sloveni, non più tornate dalla prigionia perchè fucilate o morte di stenti o di malattia contratta in questi campi.
12) Se la più parte degli uccisi e dei morti sul luogo o nei campi di internamento sono appartenenti alle forze armate e di polizia della Repubblica fascista, sono molto numerosi e colpiscono gli episodi di liquidazione di antifascisti italiani che si oppongono all’ annessione della Venezia Giulia, di Trieste , dell’Istria e di Fiume alla Jugoslavia. I casi più clamorosi sono quelli degli autonomisti fiumani che fanno capo a Zanella, uccisi dagli jugoslavi all’ arrivo delle truppe partigiane nella città del Quarnero e quelli dei membri socialisti e azionisti del CLN di Gorizia, deportati e morti in Slovenia. 
13) I 4-5 mila morti italiani del maggio 1945 non vengono uccisi, come dice la propaganda fascista e nazionalista, solo perché italiani: la maggior parte sono uccisi con giustizia sommaria perché fascisti o considerati tali; altri perché trattati falsamente e ingiustamente da fascisti, in realtà antifascisti militanti italiani che si oppongono all’ annessione alla Jugoslavia. 
14) Una corretta lettura di questi drammatici episodi deve dunque tenere conto di due chiavi di approccio: la prima, che accomuna questi episodi di giustizia sommaria a quanto avvenuto a carico di collaborazionisti e fascisti in tutta l’Europa soggetta all’ occupazione. Un’esplosione di vendetta e di violenza indiscriminata ( e quindi ingiusta) che ha comunque sempre travolto i rappresentanti di regimi oppressivi e dittatoriali nel momento in cui questi regimi sono stati rovesciati, tanto più dopo una guerra civile ( si pensi ai linciaggi a carico degli odiati agenti delle polizie segrete comuniste in Ungheria e in Romania,  avvenuti rispettivamente nel 1956 e nel 1989). Sono questi gli effetti drammatici del carico di odio e di rivalsa che si era accumulato a causa del fascismo e del nazismo, della repressione e dell’ occupazione. La seconda chiave rimanda alla natura autoritaria e dittatoriale del regime che i comunisti jugoslavi intendono costruire, un regime a partito unico che non tollera opposizione alcuna, giungendo ad accomunare strumentalmente ai fascisti gli antifascisti non comunisti o addirittura i comunisti non annessionisti. 
15) Un drammatico insuccesso del nuovo regime comunista è dato dall’ esodo dell’80% almeno della popolazione di lingua e cultura italiana dalle zone che, di fatto, sono passate all’ Amministrazione Jugoslava. L’esodo sarà un fatto quasi totalitario e assolutamente interclassista. Un grave insuccesso per il nuovo regime socialista confermato dalla partenza per l’Italia di migliaia di operai dei cantieri di Fiume e di Pola, di centinaia di partigiani rovignesi e piranesi, di quasi tutti gli abitanti sloveni dei dintorni di Muggia ( tradizionalmente legati alla sinistra e attivissimi nella Resistenza). Il fallimento su questo terreno è cocente per il socialismo jugoslavo, se pensiamo che la proposta politica che veniva avanzata agli italiani puntava proprio a stabilire un rapporto privilegiato del nuovo regime con la classe operaia e con gli antifascisti. La partenza della grande maggioranza degli italiani comporta una strutturale e irreversibile modifica di una delle caratteristiche storiche dell’Istria, il suo essere terra  multietnica e multiculturale. Con la partenza degli Italiani l’Istria comunque non sarà mai più quella di prima.
16) I perché dell’ esodo sono svariati e spesso intrecciati fra di loro. Nessuna spiegazione in bianco e nero appare sufficiente e suffragata dai fatti. Una spiegazione che privilegi  la precedente appartenenza politica appare poco fondata e spesso offensiva ( i profughi superficialmente e ingiustamente definiti fascisti, o egemonizzati o ingannati dal fascismo); non mancano motivazioni di natura economico-sociale: ad esempio il timore della rottura o della difficoltà dei rapporti con Trieste, storicamente la città di riferimento per tutta l’Istria Nord-Occidentale; oppure la difficoltà di strati della piccola e media borghesia, specialmente quella che è giunta in Venezia Giulia e in Istria con l’amministrazione pubblica durante il fascismo, ad accettare una nuova situazione in cui comunque le popolazioni di lingua slovena e croata acquistavano uno status sociale molto superiore a quello del periodo precedente; o ancora la politica della riforma agraria e dei servizi commerciali, orientate nei primi anni del socialismo jugoslavo alla collettivizzazione, che spaventa medi proprietari e commercianti prevalentemente italiani. Molte di queste e altre motivazioni sono presenti, ma è certo che negli italiani che decidono di abbandonare quelle terre, prevale- alla fine- il confronto fra uno stato in cui si va costruendo una repubblica democratica- gli anni dell’ esodo sono gli anni in cui l’Italia si dota di una Costituzione- e un paese, la Jugoslavia, in cui si manifesta invece una forte spinta autoritaria, in cui si afferma un regime a partito unico, in cui esiste un forte e talora violento controllo poliziesco. Va aggiunto che questi evidenti limiti del nuovo stato jugoslavo sembrano passare in secondo piano per molti sloveni e croati delle stesse terre rispetto alla riconquistata indipendenza, autonomia e dignità nazionale, che inizialmente quasi tutti attribuiscono a merito di Tito e della sua armata partigiana.
17) A tutto ciò si aggiunga, in quegli anni, il clima di scontro frontale fra due mondi- il mondo occidentale egemonizzato dagli USA- il campo socialista egemonizzato dall’URSS, che investe quelle terre come terre di confine. Passa in quelle zone martoriate il carico sanguinoso di vent’ anni di sciagurata politica fascista che ha avvelenato i rapporti fra le popolazioni, in particolare con la criminale aggressione e occupazione della Jugoslavia; e passa in quelle stesse zone la volontà egemonica dei partiti comunisti, guidati dall’URSS, intenzionati a costruire il socialismo a costo di limitare e conculcare le libertà individuali e collettive, relegate a sovrastrutture borghesi, cui si può rinunciare in nome dell’ eguaglianza sociale. 



Nessun commento:

Posta un commento