venerdì 29 aprile 2016

Tango...y algo mas, il programma


Chiuse le prenotazioni, sala stracolma: ecco un breve scritto sulla storia del tango e il programma di sala di domani pomeriggio a Palazzo Zacco.


Tango….
La musica popolare delle Americhe è la risultante delle influenze europee e africane approdate nel continente, che si amalgamarono con il substrato originario. La percentuale di queste componenti in ciascuna regione non è omogenea nel territorio e, ovviamente, dipende dalla diversa composizione demografica. Molte delle musiche presentate in questo concerto sono tipiche della città di Buenos Aires e della zona centrale dell’Argentina, territori senza insediamenti stanziali prima dell’arrivo degli europei e con scarsa migrazione africana; esse sono, quindi, la conseguenza di trasformazioni di schemi ritmici e melodici provenienti dall’Europa.
La cueca e la chacarera sono danze della zona rurale, derivate in gran parte da musiche arrivate in America nell’epoca coloniale e dunque di forte derivazione iberica. I finali di frase in emiolia, per esempio, sono presenti frequentemente nel folklore latinoamericano e risultano riconoscibili a qualsiasi persona che abbia familiarità con le danze del rinascimento e del barocco europeo.
Diverso è il caso del tango, danza essenzialmente cittadina, anzi, portuense, che si affermò nelle due capitali del Rio de la Plata, Buenos Aires e Montevideo, ai tempi della forte ondata migratoria di fine Ottocento. Il tango subì poi sostanziali trasformazioni nel suo percorso. In particolare, verso la fine degli anni venti del novecento, da una struttura esclusivamente strumentale si arrivò al tango canción dove il testo racconta una storia generalmente malinconica. Questo prodotto è fortemente derivato dalla migrazione italiana e tanto nel testo come nella struttura melodica è facile riconoscere una filiazione dell’opera lirica. I suoi principali interpreti canori furono figli di migranti, come Agustin Magaldi, o migranti loro stessi come il siciliano Ignacio Corsini;  quanto al più famoso Carlos Gardel, a dispetto delle sue mitiche origini, molti assicurano, con buona pace di argentini e uruguaiani, che sia nato a Toulouse.
Il primo tango canción fu “Mi noche triste” con musica di Samuel Castriota e testo, aggiunto in seguito, di Pascual Contursi. Non fu l’unico caso di tango nato come musica strumentale che ricevette il testo successivamente; altri casi celebri sono “El choclo” e “La Cumparsita”,  entrambi presenti in questo programma.

...y algo mas
La milonga ha una andamento più leggero rispetto a quello del tango. Vi si riconosce una parentela sia con l’habanera che con il candombe uruguaiano, questo sì, di più chiara influenza africana.
Altri due esempi musicali presenti in questo concerto rappresentano la musica di frontiera della geografia argentina: così la cueca, derivata da una danza spagnola, la zamacueca, che rappresentava nella sua coreografia lo scontro erotico di un gallo e una gallina. Questa danza è molto diffusa nella zona andina tra l’Argentina e Cile e addirittura fu dichiarata il ballo rappresentativo dei cileni.
Altre danze invece sono tipiche della “Mesopotamia argentina”, il territorio compreso tra i fiumi Uruguay e Paraná, nel nordest del paese. Soprattutto nella sua zona più estrema, la provincia di Misiones, il territorio è luogo di frontiera con il Paraguay e il Brasile. Questa zona popolata originariamente dai guaranies ha ricevuto una forte immigrazione di persone provenienti della Europa dell’Est. Il chamamé e la galopa, secondo molti, sarebbero così, la lettura locale di danze arrivate sul posto come lo schottische boemo ed il galop ungherese.



Annibale E. Cetrangolo



domenica 17 aprile 2016

Chiusura della stagione 2015-2016





Tango e molto altro..







Sabato 30 aprile  la stagione culturale 2015-2016 dell'Associazione Storia e Vita si conclude con un concerto di tango e folklore latino americano presso il circolo unificato dell'Esercito di Padova. 
La manifestazione è finalizzata alla raccolta di fondi per il centro alcologico territoriale di Padova. 


Il concerto riprende  l'esperienza entusiasmante già vissuta a Rubano nell'ottobre scorso, presentando anche molte nuove musiche. 



L'ingresso è gratuito, ma soggetto ad invito. Chi é interessato lo segnali al più presto chiamando il numero 3402651480 o scrivendo a paolomenallo@libero.it. I posti sono limitati e non sarà possibile accedere senza invito.




lunedì 11 aprile 2016

Margherita Asta e Michela Gargiulo a Padova






Ma quello è sangue nostro?


















Se la società va in una direzione la scuola  ha il dovere di andare dall'altra (A. Solero)




Negli stessi giorni in cui  Bruno Vespa ospitava nel suo osceno salotto il figlio di Totò Riina, condannato nel 2004 anche come mandante della strage di Pizzolungo, l’Associazione Storia e Vita, oltre a Giovanni Impastato ( vedi qui ) ospitava presso l’Istituto Scalcerle di Padova Margherita Asta, figlia di Barbara Rizzo e sorella di Giuseppe e Salvatore Asta.


Margherita in quel tragico 2 aprile del  1985, non tollerando i ritardi e i capricci dei fratellini Giuseppe e Salvatore, decide di farsi accompagnare a scuola dalla madre di un’amica: alla prima ora ha una verifica importante e non può tardare. La madre Barbara esce qualche minuto dopo con i due gemellini. Ad una curva viene sorpassata da un’auto blindata, su cui viaggia il giudice Carlo Palermo. In quel preciso istante una terza auto, parcheggiata sul ciglio destro della strada esplode, facendo scomparire nel nulla i corpi di tre vittime innocenti. Il giudice Palermo esce quasi illeso dall'attentato: si era dovuto sedere a sinistra dell’auto blindata, perché lo sportello di destra, dove era abituato a salire, in quei giorni aveva la sicura bloccata e non c’erano i mezzi per ripararla.   

Questo è l’inizio della storia che Margherita Asta, splendida siciliana che vive adesso a Parma, racconta nel suo libro, intitolato “Sola con te in un futuro aprile”, assieme alla giornalista free lance  Michela Gargiulo.

Margherita lo ha scritto per tenere uniti i cocci della sua vita, Michela ha aggiunto di suo una lucida ricostruzione storica e giudiziaria delle vicende legate alle inchieste del giudice Palermo partite da Trento e approdate in Sicilia.

 Il dramma umano del giudice Palermo, sopravvissuto alla strage e mai ripresosi si intreccia nel libro, che si legge con commozione e tutto d’un fiato, alle vicende di Margherita e della sua famiglia.
Apprezzatissima Margherita da una platea fittissima di studenti, che avevano scelto volontariamente la sua conferenza, durante un giorno di sospensione delle lezioni ordinarie. Commozione, domande, empatia e una grande umanità che dopo quattro ore di incontro nessuno avrebbe voluto interrompere.

Apprezzata moltissimo anche Michela Gargiulo, per la sua lucida e avvincente ricostruzione delle vicende della mafia siciliana e dell’Italia di questi ultimi trentanni. Una vera lezione di giornalismo, agli antipodi di un Vespa, da sempre lacchè di ogni potere e adesso divenuto anche, consapevolmente o meno, megafono della mafia.

Paolo Menallo e T. Rescio

Per approfondire

domenica 10 aprile 2016

Giovanni Impastato, a margine degli incontri



Io appartengo ad una famiglia di origine mafiosa...




Queste parole introducono o comunque ricorrono negli interventi che Giovanni Impastato da quasi venti anni si prodiga si offrire al pubblico di tutta l'Italia. 
Anch'io l'ho sentito evocare le sue origini seguendolo nei tre appuntamenti organizzati per conto della nostra associazione, nei due giorni scorsi. Ma ogni volta, con il pubblico adulto di Rubano, con gli studenti dell'Einaudi o con quelli della consulta padovana, il suo discorso è stato variato, ha toccato mille temi diversi, ma con un unico leit-motiv: le catene che ti tengono legato alle tue origini, culturali, geografiche e familiari, anche se la tua famiglia è di mafiosi, si possono spezzare. Peppino Impastato per primo, Giovanni e la madre Felicia lo hanno fatto, chi a costo della vita, chi con un supremo impegno politico, personale e culturale. Ed ho avuto anche la fortuna di assistere alla genesi e all'inoltro della lettera sdegnata scritta al direttore della RAI e pubblicata oggi da Repubblica. La offro anche ai visitatori di questo blog con l'impegno di approfondire successivamente  implicazioni e dettagli che Giovanni Impastato qui non esprime. (Paolo Menallo) 

Caro direttore generale della RAI, come lei certamente sa, mio fratello, Peppino Impastato, è stato barbaramente ucciso dalla mafia il 9 maggio 1978. Dopo il film I cento passi di Marco Tullio Giordana, due anni fa sono stato coinvolto da Matteo levi della casa di produzione "11 Marzo Film", nel progetto di una pellicola che avrebbe dovuto raccontare il coraggio di mia madre, Felicia Bartolotta, che, con fierezza e tenacia, si é battuta contro tutto e tuttiper ottenere verità e giustizia.
Il film, dedicato a mia madre, è stato realizzato  ed è stato prodotto da una delle reti che stanno sotto la sua direzione, RAI 1, la stessa che nella trasmissione "posrta a porta" ha messo in nda l'intervista del figlio di Totò Riina. Questo figlio, che a differenza di Peppino, di mia madre e di tutta la nostra famiglia, non rinnega un padre mafioso, anzi lo difende e nega ogni condanna pronunciata contro di lui.
Tutti conoscono, compreso lei, la storia del criminale al quale sono state imputate diverse stragi e le uccisioni di molti padri e figli innocenti. Ritengo inconcepibile che sia stato permesso di dare spazio a questa persona senza pensare alle conseguenze di un messaggio diseducativo soprattutto nei confronti delle nuove generazioni. Una messa in onda lontana anni luce dal "dovere di cronaca" e che può ricondursi piuttosto ad un'operazione di basso livello editoriale per l'uscita di un libro che non merita di essere promosso e tanto meno dalla nostra TV pubblica.
Non penso- come sostiene Bruno Vespa- che sia questo il modo di conoscere o studiare il fenomeno. ma è piuttosto un modo per far crescere l'audience al costo di calpestare la dignità di molte persone- come noi- che hanno pagato un prezzo altissimo con il sacrificio dei propri cari. Npn si può giocare con il sangue delle nostre vittime cercando forzatamente lo scoop e destando la curiosità del pubblico con operazioni di cattivo gusto sino a mitizzare il mafioso. 
Le confesso di essere molto in difficoltà, dopo quello che è successo, nell'accogliere con entusiasmo il film su mia madre, pur rispettando il lavoro e il valore del regista Gianfranco Albano, degli sceneggiatori Monica Zappelli e Diego De Silva e di una straordinaria interprete come Lunetta Savino. E le confesso anche che, tanto è stato il mio sconcerto in queste ore, che ho pensato ad una diffida alla sua azienda a trasmettere il film. Ma non permettere al pubblico di conoscere la storia di mia madre sarebbe come darla vinta ad una informazione malata di protagonismo che, pur di affermarsi, è pronta anche a calpestare il dolore dei parenti di tante vittime innocenti.
Le storie di mia madre, di Peppino, di tutti noi e di tanti altri, comrpesi quei figli delle mafie che hanno fatto la scelta coraggiosa di rinnegare il loro stessi padri (una fra tutte Rita Atria),  meritano di essere raccontate. Siamo noi la linfa di questo paese e, finchè vivremo, lotteremo per sconfiggere il potere mafioso, a dispetto di questi indegni spettacoli che i media ci offrono.
Giovanni Impastato