lunedì 28 marzo 2016

Corso di scrittura narrativa


Terza parte: la memoria






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lunedì 21 marzo 2016

Legalmente

Giovanni Impastato e tanto altro a Rubano per la rassegna Legalmente. 




Prosegue la collaborazione dell'Associazione con il Comune di Rubano. Per la rassegna Legalmente, ormai appuntamento tradizionale, abbiamo invitato Giovanni Impastato, fratello di Peppino, testimone della storia tragica del fratello e della ribellione di una comunità al giogo mafioso.  Giovanni Impastato, durante il suo tour veneto, invitato dallo SPI-CGIL di Vicenza, sarà ospite anche della consulta degli studenti padovani, con i quali si intratterrà il 9 aprile alle 9.30, presso l'istituto Einaudi. 
La rassegna Legalmente, dopo la testimonianza di Giovanni Impastato affronterà un tema di grandissima attualità e cioè le infiltrazioni mafiose nel nord. Come ebbe a dire un grande magistrato a conclusione di un suo intervento sul tema, la mafia, al nord, non vuole impadronirsi solo dell'economia, ma anche delle coscienze. Vuole cioè che si pensi e si agisca come vuole la mafia, vuole che l'economia e lo sviluppo siano legati non solo al profitto, ma ad un certo modo di intenderlo, cioè come rapina, come sopraffazione, come corruzione, senza alcun legame con il valore del prodotto e con l'avanzamento della società. Purtroppo i primi frutti di questa invasione dell'economia e delle menti sono già state documentate, anche processualmente in Emilia (leggi qui), dove alcune frange di imprenditori sono riusciti a corrompere gli ideali di cooperazione e di solidarietà, precedentemente ben radicati in quel territorio. E hanno trovato ampie complicità locali, tra altri imprenditori e in alcune amministrazioni. Il comune di Finale Emilia è infatti al momento a rischio di scioglimento per mafia. 






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Peppino e Giovanni Impastato

Il casolare di Impastato 
Radio 100 passi

martedì 1 marzo 2016

Il dramma dei rifugiati: testimonianze



Dal Mali, alla Libia, all'Italia







Molti profughi scappano dalla guerra o dalla povertà estrema, ma non è sempre così: la breve testimonianza di Boubacar, maliano giunto a Padova da un anno e mezzo, ci spiega come il disastro politico e militare della Libia abbia provocato la fuga di tanti che non pensavano affatto all'Italia. Per i maliani, infatti, la Libia costituiva il miraggio della ricchezza e del lavoro, sinchè...


(Dall'intervento di Boubacar Diarra all'incontro del 5 febbraio a Rubano)
Buona sera
Mi chiamo Boubacar, vengo dal Mali.
Sono qui in Italia da un anno e quattro mesi.
Sono scappato dalla guerra civile nel mio paese.
La guerra è iniziata nel 2012 e io lavoravo per una ditta francese di trasporti e facevo il camionista a GAO.
Gao si trova nel nord del Mali a 1.400 km dalla capitale che è BAMAKO.
La mia famiglia vive nella capitale.
Mio papà faceva parte del partito del presidente PDES.
Mio papà è stato colpito dai militari che hanno fatto un colpo di stato contro il presidente.
Io non potevo tornare a Bamako  perché non era sicuro per la mia vita visto che io sono il figlio maggiore.
E nello stesso tempo non potevo stare a GAO.
La ditta per cui lavoravo è stata chiusa a causa della guerra.
Io sono rimasto chiuso a casa con un mio collega di lavoro e non potevo uscire perché sparavano nelle strade.
Abbiamo telefonato ai militari e sono venuti a prenderci e ci hanno portato al campo militare.
Ho telefonato a mia mamma e le ho chiesto se potevo tornare a casa a Bamako.
Mia mamma mi ha detto “No Buba perché qui a Bamako non è sicuro per te.”
Quindi anche se non avevo mai pensato di lasciare il mio paese perché li avevo un buon lavoro e tanti amici sono scappato dal Mali verso il Burkina Faso.
Li ho conosciuto un ragazzo che mi ha aiutato ad andare in Niger per cercare lavoro.
In realtà in Niger non ho trovato lavoro e mi hanno suggerito di andare in Libia, perché li era facile trovare lavoro.
Per il mio lavoro di camionista sono stato in molti paesi africani, ma non ero mai stato in Libia e nemmeno parlo l’arabo.
Dal Niger alla Libia sono stato per 10 giorni a viaggiare nel deserto su un pick up. C’era tanta gente: giovani e adulti che viaggiavano con noi.
3.700 km nel deserto sono tanti!
Ho visto tante persone morte su questa strada.
Quando sono arrivato in Libia subito ho trovato un lavoro come camionista dei rifiuti.
Ma dopo 2 giorni non potevo uscire per andare al lavoro perché in Libia c’era tanta violenza.
Hanno anche sparato al mio amico che aveva fatto con me il viaggio.
Non sapevo come fare perché non potevo tornare indietro e pure in Libia ogni giorno tanta violenza.
Una sera sono venute delle persone con le armi che ci hanno detto: “chi ha soldi può andare in Italia, chi non ha soldi andrà in prigione”.
Io non volevo partire perché avevo visto alla TV i barconi e i viaggi molto pericolosi, ma non volevo nemmeno andare in prigione.
Queste persone dicevano: “solo il primo pezzo di viaggio sarà sulla barca piccola, poi con la barca grande”. Ma io non ci credevo.
Siamo partiti e nel barcone c’erano 80 persone senza acqua, senza cibo, senza niente.
Siamo stati 3 giorni in mare senza bere e senza mangiare.
È stato molto faticoso e molto pericoloso.
Nella mia vita non ho mai visto una cosa così brutta.
Dopo 3 giorni abbiamo visto una nave italiana che ci ha salvati. Ci ha portato in Sicilia, ci hanno dato da mangiare, da bere e vestiti.
Dalla Sicilia mi hanno mandato a Padova. Sono arrivato in una casa di accoglienza dove c’erano maliani, nigeriani, pakistani.
COME VIVI A PADOVA?
A Padova mi trovo bene perché la gente mi vuole bene. Ho tanti amici di tutte le età.
Ho studiato un po’ di italiano in tante scuole, soprattutto alla scuola di lingua e cultura italiana della Comunità di Sant’Egidio.
Ho fatto amicizia con tante persone della Comunità di Sant’Egidio perché mi piace il servizio che loro fanno ai poveri che vivono per la strada, ai profughi, agli anziani, ai bambini. Questa amicizia mi ha aperto il cuore.
Anche io la sera porto i panini ai poveri che dormono per strada, e vado a trovare gli anziani che abitano vicino a casa e anche altri anziani che abitano a Padova.
Sto lavorando come mediatore culturale in una casa dove vivono 38 ragazzi africani arrivati da poco da differenti paesi africani.
PROGETTI PER IL FUTURO
Vorrei restare a Padova per avere una casa e una famiglia.

Grazie