lunedì 19 febbraio 2018

Memoria e Ricordo 2018, 3

La terza generazione 






Segue da: L'orgoglio di essere italiani


Concludere la serata dedicata al Ricordo é toccato infine a Micol Silic-Benussi, testimone della terza generazione degli italiani d'Istria.
Ai tempi della sua adolescenza si erano già stemperate le asprezze dei primi anni del dopoguerra, vissuti dai nonni e dai genitori, quando la vita dei "rimasti" era sicuramente più difficile e l'italianità guardata sempre con molta diffidenza.
Micol ha parlato di un'adolescenza vissuta per certi versi in modo simile a quella di un coetaneo italiano che viveva al di qua del confine: le amicizie, le passeggiate sulle "rive" e.. la visita ai parenti esuli in Italia. 
Proprio il racconto di uno di questi viaggi, una partenza organizzata in gran fretta dalla mamma, che l'ha mandata da sola dalla zia e dai cugini di Monfalcone, ha dato a Micol l'occasione di approfondire un aspetto che molti hanno probabilmente dimenticato o comunque al tempo sicuramente sottovalutato.
Il 25 giugno del '91 la Slovenia aveva proclamato l'indipendenza: le forze armate confederali invasero il paese ribelle, per la verità con scarso successo, al punto che dopo un conflitto di 10 giorni, la Slovenia ebbe partita vinta e a seguito del trattato di Brioni del 7 luglio, dopo una moratoria di 3 mesi, iniziò la marcia verso l'indipendenza. Chi ricorda in Italia che in quel periodo le frontiere furono chiuse e che anzi furono oggetto di contesa tra le forze slovene e quelle  confederali? intensi combattimenti si svolsero addirittura a Nova Gorica, praticamente un quartiere di Gorizia..
E chi ricorda che nell'ottobre dello stesso anno ebbe inizio una sanguinosissima guerra tra Croazia e Serbia? chi ricorda il massacro di 1400 civili nella Krajina per mano dell'esercito croato e i 200.000 serbi costretti alla fuga da una vera e propria pulizia etnica? la storia insegna ma non ha scolari, scriveva A. Gramsci!
Ma tornando a Micol, per lunghi mesi restò bloccata presso i parenti italiani, mentre i maschi in età di leva partivano anch'essi verso l'Italia, per non trovarsi a dover combattere con l'esercito Croato. 
Al rientro a casa la sua Rovigno, che ricordava luminosa e allegra, invasa dai turisti, era immersa in un'atmosfera livida e cupa, le rive affollate dai figli dei profughi della guerra. E questi suoi coetanei di lingua croata le dicevano: che ci fai qui? questa è casa nostra! Difficile ribattere che in realtà lei, o meglio la sua famiglia, lì c'era da più di sette secoli!
In queste scaramucce verbali tra ragazzi è racchiuso il senso di tutta una storia di guerre, di passaggi di nazionalità, di intrecci di lingue e tradizioni, di migrazioni volontarie, di esodi forzati, di resistenze coraggiose, di abbattimento e di rinascita.
La storia di Micol si chiude con la proiezione di una foto assai significativa: dieci cugini più o meno coetanei, tutti italiani di Rovigno, con un' ulteriore caratteristica in comune, la migrazione in ogni parte d'Italia e del mondo, un destino che i giovani italiani di Croazia condividono con i coetanei italiani al di qua del confine.
    

giovedì 15 febbraio 2018

Memoria e Ricordo 2018, 2


L'orgoglio di essere italiani






E mentre Oleg Mandic viveva i drammatici mesi ad Auschwitz, mille chilometri più a sud, nel martoriato litorale adriatico, occupato dai nazifascisti, la popolazione si apprestava a vivere un altro drammatico epilogo. Di queste vicende Sergio Basalisco ha fornito una puntuale ricostruzione, nella sua lucida e appassionante relazione, che  si potrebbe definire una vera e propria lectio magistralis.
Della sua relazione si può leggere una versione precedente in questo link. E altre informazioni si possono facilmente reperire all'interno di questo blog.   Ma durante l'incontro di Rubano della settimana scorsa Basalisco è stato particolarmente efficace ed ha pronunciato parole nette e definitive sull'intera vicenda delle foibe e dell'esodo, sottraendole ad ogni giustificazionismo ma anche ad ogni retorica revanscista. Ha ricostruito sì gli orrori della politica fascista  nelle zone acquisite dopo la prima guerra mondiale, ha narrato, citando Boris Pahor, degli ignobili tentativi di sradicamento di una cultura e di una lingua altrettanto preesistenti in quei luoghi come quelle italiane, ma ha chiamato col loro nome anche gli infoibamenti: una rappresaglia vera e propria, in nome di un nazionalismo mai sopito, che voleva giungere sino all'Isonzo, e di un intento dichiaratamente intimidatorio verso gli italiani, prefigurando la loro fuga in massa. 
Ma il punto più alto del suo intervento è stato toccato quando, quasi con un grido sommesso, ha esclamato:  "restituiamo l'onore agli italiani morti nelle foibe: non tutti erano fascisti!"
Dopo di lui Ambretta Medelin, vicepresidente della comunità italiana di Rovigno, attraverso l'appassionata descrizione della vivacità della realtà culturale, sociale e linguistica degli italiani, ha fornito ai presenti una seconda importantissima lezione: l'orgoglio di essere italiani. Qualcosa che chi vive e ha sempre vissuto comodamente al di qua della frontiera troppo spesso colpevolmente dimentica!
Dalle sue parole, sommate a quelle di Sergio Basalisco, traspariva un monito che è ben espresso da quanto la comunità italiana ha pubblicato in occasione del giorno del Ricordo: 
Nel Giorno del Ricordo della tragedia degli Italiani dell'Istria, Fiume, Quarnero e Dalmazia, delle vittime delle foibe e dell’esodo della stragrande maggioranza degli italiani autoctoni da queste terre, esodo che provocò una lacerazione crudele e profonda nel nostro tessuto sociale, costringendo esuli e rimasti ad uno smembramento innaturale e perpetuato nel tempo, la nostra Comunità esprime la propria fraterna vicinanza a tutti gli esuli, alle associazioni che li rappresentano, ed in modo particolare ai Rovignesi e alla “Famia Ruvignisa”, ribadendo l’importanza del lodevole rapporto di collaborazione che tutti assieme abbiamo saputo costruire negli ultimi decenni.
Trattasi di un “giorno” che noi tutti, esuli e rimasti, non ricordiamo soltanto una volta all'anno, ma che viviamo quotidianamente, nell'intimità dei nostri affetti e delle nostre famiglie, anche se sparse in giro per il mondo, con la dignità e la forza che ha da sempre contraddistinto le nostre genti
Vogliamo tutti assieme guardare al futuro, nella speranza che la nostra storia possa servire da monito e possa far riflettere sui valori fondamentali dell'umanità.

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Il confine italo-sloveno


Mario Bonifacio, partigiano ed esule

lunedì 12 febbraio 2018

Memoria e Ricordo 2018, 1



Una coincidenza voluta







Tutti i nostri testimoni di quest'anno, sia del giorno della Memoria che di quello del Ricordo, sono istriani, nati in una terra in cui molti abitanti, in meno di 50 anni, hanno cambiato tre  nazionalità: quella asburgica, poi l'italiana e infine quella iugoslava, senza contare i periodi sotto il terzo reich, durante l'occupazione del Litorale Adriatico.  
Non è stato un caso, ma una scelta precisa, finalizzata alla comprensione della complessità di vicende apparentemente slegate ma in realtà unite da un comune denominatore: i nazionalismi e i totalitarismi del secolo breve.

Ma andiamo con ordine.

Il 2 febbraio, davanti ad un pubblico silenzioso, ma attivo, come si è visto alla fine dalle domande, Oleg Mandic ha raccontato ai cittadini di Rubano la sua storia di sopravvissuto ad Auschwitz. Lo stesso aveva fatto la sera precedente con gli studenti e i cittadini di Padova, riuniti al Centro culturale san Gaetano e  in due importanti scuole del territorio:











Oleg Mandic non è di religione ebraica, ma è bene ricordare che la macchina di sterminio ideata dall'imbianchino di Braunau am Inn ha colpito non solo gli ebrei (sei milioni) ma anche i rom, i sinti, gli omosessuali, i testimoni di Geova, i preti cattolici dissidenti, gli avversari politici, i portatori di handicap, la popolazione civile inerme. Agghiaccianti i numeri  raccolti dallo United States Holocaust Memorial:

Oleg Mandic avrebbe potuto essere tra il milione e mezzo calcolato tra i dissidenti politici, in quanto nipote e figlio di resistenti croati.
Circostanze fortuite e la presenza della madre nello stesso campo, ci hanno reso possibile incontrare un Mandic, ancora lucido e combattivo, portatore di una testimonianza dura e crudele, ma mai intrisa di desiderio di vendetta e di odio. Diversi cittadini presenti mi hanno manifestato il loro stato d'animo al termine dell'incontro: era di serenità dopo le nobili parole di Oleg contro l'odio e la sua straordinaria affermazione di avere avuto una vita bella e piena.
Sicuramente ascoltare da pochi metri di distanza un testimone diretto aiuta a comprendere meglio: alla conoscenza della storia attraverso i libri e i documenti si aggiungono le ragioni del cuore, le indefinibili vibrazioni provocate dalla calma, positiva saggezza di Oleg. Ma non basta. In un triste periodo in cui riemergono dalle fogne della storia simboli, ideologie atteggiamenti e soprattutto azioni già viste in un passato non sufficientemente conosciuto e condannato, è necessario porsi qualche domanda e iniziare ad prendere posizioni nette e, se necessario, ad agire:
Ma settantacinque anni fa io mi sarei chiesto come mai scomparivano i miei compagni di scuola? Avrei saputo non girare le spalle al compagno ebreo? Avrei aiutato qualcuno a fuggire? Avrei avuto il coraggio di nasconderlo? Mi sarei rifiutato di essere il macchinista di un treno del binario 21? E se fossi nato tedesco, avrei saputo oppormi alla “bestia umana”?

Facciamolo, altrimenti i nostri figli e i nostri nipoti un giorno ci chiederanno anch'essi:

’ma tu da che parte stavi?” “Da che parte stavi quando sono cominciate a ricomparire le svastiche sui muri?”, “Da che parte stavi quando le teste rasate picchiavano per strada i ragazzi omosessuali?”, “Da che parte stavi quando le croci uncinate sono ricomparse, riempiendole, le nostre piazze?”, “Da che parte stavi quando rabbino era il sinonimo di tirchio e tutti sorridevano?”, “Da che parte stavi quando i miei compagni rom scomparivano dalla classe perché il loro campo era stato sgomberato?”, “Da che parti stavi quando lo zio di Mohamed affogava in mezzo al Mediterraneo?”, “Da che parte stavi quando mal vestiti in centinaia attraversavamo le Alpi per raggiungere la Francia dall’Italia?”, “Papà, ma tu da che parte stavi?”. (Tratto da W. Beccaro).

i chiesto come mai scomparivano i miei compagni di scuola? Avrei saputo non girare le spalle al compagno ebreo? Avrei aiutato qualcuno a fuggire? Avrei avuto il coraggio di nasconderlo? Mi sarei rifiutato di essere il macchinista di un treno del binario 21? E se fossi nato tedesco, avrei saputo oppormi alla “b